Federico II Hohenstaufen e la cultura mediterranea di Luigi Russo

FEDERICO II HOHENSTAUFEN E LA CULTURA MEDITERRANEA

Si fa un gran parlare oggi dei rapporti commerciali tra le nazioni del Mediterraneo. I paesi europei che si affacciano su questo mare, consapevoli delle divisioni esistenti, fanno a gara per tentare un dialogo che possa portare a rapporti pacifici tra i vari Stati senza ovviamente tralasciare i profitti che ne deriverebbero.

Ciò che maggiormente divide non è costituito dalla diversità  tra credi religiosi, come potrebbe apparire da un esame molto superficiale. I contrasti sono invece di ordine politico-culturali. Ai regimi occidentali chiaramente liberali, si oppone la cultura ellenistica, che è quanto mai attuale non solo tra i paesi orientali, ma anche nel sud  dei paesi europei mediterranei.

Eppure non è sempre stato così e le stesse crociate, che spinsero i cristiani a muovere guerra per il dominio dei luoghi santi, non furono tutte uguali. Vi fu un uomo, un italiano, imperatore, paladino della cristianità, che dimostrò che il dialogo con i mussulmani era possibile nel rispetto delle reciproche religioni. E così andando a ritroso nel tempo incontriamo Federico II Hohenstaufen, figlio di Enrico VI e di Costanza d’Altavilla. La sua opera, non conosciuta mai abbastanza, ci aiuterà a comprendere meglio gli eventi e le problematiche contemporanee oltre a costituire uno stimolo ed un parametro di valutazione per le nuove generazioni. Specialmente per molti di coloro che frequentano una Università che porta il nome di Federico II, di cui tutti si fregiano, senza, forse, saperne il perché.

 
Cenni storici

Il 28 settembre 1197 moriva Enrico VI Hohenstaufen per un attacco di febbre e le sue spoglie venivano riposte in un sarcofago di porfido nel Duomo di Palermo.

Nello stesso Duomo già riposava la moglie Costanza e vi riposerà suo figlio Federico II.

Volendo tracciare alcuni tratti dell’imperatore germanico, c’è da dire che Enrico VI voleva riunire l’impero d’occidente e quello d’oriente in modo da ricostituire un unico impero romano, chiaramente cristiano. Si sarebbero così riuniti nuovamente anche tutti i paesi del Mediterraneo. Questo il motivo per cui la Sicilia e non la Germania doveva essere il centro dell’impero.

 

Enrico VI non riuscirà, però, a realizzare tale disegno. Morì proprio quando stava per assestare il colpo di grazia a Bisanzio.

Il sogno dell’unione dei due imperi non sarà realizzato neanche da Filippo di Hohenstaufen, zio e reggente di Federico II, che all’uopo sposò Irene, figlia dell’imperatore di Bisanzio. Filippo fu ucciso da Ottone di Sassonia, che, guelfo, fu incoronato imperatore dal Papa Innocenzo III il 4 ottobre 1209.

Molti principi tedeschi, però, fedeli agli Hohenstaufen guardavano ormai a Federico II e con l’appoggio del re di Francia, sbaragliarono gli eserciti dell’imperatore guelfo e degli inglesi in quella che fu la prima battaglia internazionale della storia europea e cioè nella battaglia di Bovines il 27 luglio 1214. Subito dopo Ottone di Sassonia morirà e Federico II riceverà la corona tedesca il 28 agosto 1215.

Ad Innocenzo III succedeva Onorio III, il che sollevava Federico II dal tenere fede alle promesse fatte al Papa di intraprendere una crociata e di rinunciare alla corona dell’Italia meridionale. Il disegno di Innocenzo III era quello di annettere allo stato della Chiesa il già regno normanno sul quale vantava un protettorato, evitando, inoltre, anche l’accerchiamento dei suoi territori da parte dell’impero.

 

Federico II riprendeva pertanto il disegno politico di Enrico VI ricollocando la Sicilia al centro dell’impero, che doveva essere unico, romano e cristiano. Nel corso degli anni, però, Federico II andò modificando le  mire  ereditate dal padre ed il Mediterraneo rimase il suo mare solo perché è lì che sentiva di avere le sue radici.

 Sarebbe, infatti, un errore ritenere che Federico II avesse le stesse idee del padre e che usasse gli stessi metodi. Federico non era il solito imperatore tedesco che scendeva in Italia per conquistare un regno e per ingrandire i suoi possedimenti. Federico era italiano, nasceva infatti a Jesi il 26 dicembre 1194 e trascorreva buona parte della sua infanzia nel sud Italia. Diversi anni li trascorreva proprio in Sicilia, a Palermo. Per questo se è vero che si sentiva ed era cristiano, nulla gli impediva di guardare ai popoli del Mediterraneo ed in particolare a quelli orientali come a popoli appartenenti alla propria cultura.

Federico II nel sud Italia lasciò, quindi, la monarchia assoluta di sempre, molto vicina a quella araba, ma anche a quella bizantina, persiana, egizia e così via, chiaramente di natura ellenistica, certamente diversa dalla monarchia normanna-feudale e da quella dei paesi nordici. Per il sultano come per il re, il potere era un potere di diritto e come tale per grazia di Dio.
                                               

La VI crociata.

Pressato dalle richieste e dalle scomuniche papali, Federico II si decise, infine, ad andare in oriente a liberare Gerusalemme, ma lo fece a modo suo e partì con pochi uomini, scortato da una flotta di

navi saracene. La visita, perché di visita si trattò, era già stata concordata con il sultano del Cairo Al-Kamil, con il quale vi fu anche il consueto scambio di regali (cronologia.leonardo.it/storia/aa1216b.htm). In effetti Federico II andava a prendere possesso del regno di Gerusalemme, che gli spettava di diritto essendo figlio di Costanza di Altavilla, discendente dell’imperatore romano Costantino. Così racconta Michaud nella “Soria delle Crociate).

 

Vi furono pertanto dei pacifici colloqui tra il sultano e Federico II ed entrambi ebbero modo di constatare la preparazione dell’interlocutore in materia di medicina, di geometria e di dialettica. A dire il vero Aristotele prese il posto delle ipotetiche velleità guerriere, per cui c’è da supporre che la filosofia, l’arte la scienza interessassero molto di più del possesso di Gerusalemme. D’altra parte i mussulmani sapevano che la cultura di Federico II era simile alla loro e conoscevano il rispetto che Federico II nutriva nei confronti della loro religione. Tenuto conto che per la cultura ellenistica il mondo scientifico era strettamente legato a quello culturale, grande era la sete di entrambi gli interlocutori, di conoscere a che livello si trovasse la preparazione scientifico-culturale di un’altra superpotenza mediterranea.

 

L’11 febbraio 1229 fu concluso comunque un accordo che contemplava la cessione a Federico II della città di Gerusalemme, tranne la moschea di Omar, nella quale i mussulmani potevano esercitare liberamente i loro culti. Venivano cedute a Federico ancora Betlemme, Nazareth ed altri villaggi. D’altra parte Federico II s’impegnava ad aiutare il sultano contro i suoi nemici. L’incontro, in definitiva, fu un incontro fra alleati.

 

Questa fu la crociata di Federico II che in ordine di tempo prese il nome di VI.

 

Rapporti con il papato.

Al rientro in Italia, Federico II dovette nuovamente occuparsi dei rapporti con il papato, ma dopo poche schermaglie militari, allorché fece capire a Gregorio IX che era il più forte, si riconciliò con la Chiesa ottenendo una pace (San Germano 28 agosto 1230) che tutto sommato gli era quanto mai utile per riorganizzare l’impero. In sostanza a Federico non interessava debellare il papato, dopotutto era cristiano, per cui aiutò il Papa perfino a riprendere Roma dalle mani dei ghibellini, solo non poteva accettare che il Papa mirasse ai suoi possedimenti e che imponesse la supremazia della Chiesa sull’impero.

 
La pace di San Germano si rivelò solo un armistizio. Le posizioni erano veramente inconciliabili ed anche il papato non avrebbe mai accettato che si potesse ottenere una corona se non dalle mani del pontefice.

Federico II dal canto suo credeva fermamente nell’origine divina della corona senza alcun intermediario e la sua incoronazione a Roma deve essere ritenuto un ulteriore atto dovuto ai buoni rapporti con il papato alla stessa stregua di tante altre iniziative a favore della Chiesa: interventi militari a favore del papa come la riconquista di Roma; la Confederatio cum principibus ecclesiasticis, con la quale Federico II, nei paesi germanici, rinunziava ad un numero rilevante di privilegi reali in favore dei principi della Chiesa e cioè a favore dei vescovi; la crociata, che comunque sia fu etichettata come VI crociata ecc. ecc.

 

 

La corte di Federico II.

 

Dal canto suo, Federico II nel mentre riorganizzava l’impero, si attorniava di una corte tollerante e dotta come non si era mai vista prima d’allora, con lo scopo di esaltare il principe, ma anche per innalzare il livello scientifico-culturale del regno.

 

Federico II ha lasciato segni tangibili di questa sua politica e l’Università degli studi di Napoli ne è l’esempio più eclatante. Tale Università nasceva quale studio di diritto e di retorica.

Perché Napoli. Federico II sapeva bene che Napoli era da tempo la culla della cultura del meridione e capitale della scienza giuridica e quindi la città aveva diritto di essere sede degli studi universitari.

 Il sovrano, Federico II, quale sovrano giusto ed illuminato non poteva smentire le giuste attese e dava a Napoli ciò che a Napoli spettava e cioè l’Università che ancora oggi porta il suo nome. Si sa che oggi non è più tempo di blasoni, ma almeno bisognerebbe riconoscerli, così a livello archeologico, specie quando si buttano via. La cultura dell’illegalità non è la causa del patrimonio in via di liquidazione, ma ne è solo la conseguenza.

Napoli, pertanto, non si contrapponeva, ma certamente si differenziava dalla Scuola Siciliana, che ingentilì il volgare siculo-pugliese  al pari del provenzale. Federico II contribuì in modo determinante anche a dare importanza a tale Scuola, che dette vita alla prima lingua nazionale.
 

Da allora in poi i popoli del sud Italia resteranno ancorati alla loro cultura mediterranea, a quella cultura che nel sud Italia, Federico II aveva innalzato agli onori di un regno.

 

Cultura troppo frettolosamente ritenuta superata in virtù di un concetto evolutivo, che metodicamente trova la sua smentita e la sua condanna dalla storia. Chiaramente non si contesta il principio evolutivo in sé, quando, però, lo si riscontra e lo si lascia evolvere. Il concetto evolutivo non ha insito in sé l’azzeramento totale, la tabula rasa ed il ricominciare tutto d’accapo. Le civiltà, poi, ammesso che proprio debbano evolversi, lo fanno, a volte, dopo millenni. Altrimenti, proprio in base al principio evolutivo, si torna indietro con un tonfo, che fa, allora sì, tabula rasa.
Federico II, racchiuso nel suo sarcofago di porfido nel Duomo di Palermo, accanto alla madre Costanza d’Altavilla, al padre Enrico VI ed al nonno Ruggiero II, indica la strada. Per le genti del Mediterraneo regna ancora incontrastato.

Napoli, 15 febbraio 2009

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