Mario Susko – Madri scarpe e altre canzoni mortali

Prefazione e traduzione di Roberto Pasanisi
Premio Internazionale di Poesia e Letteratura “Nuove Lettere” 1998

Mario Susko: canzoni da un’altra vita

Può la poesia parlare di guerra? In che modo si può essere poeta? Quali emozioni e quali sentimenti suscita l’assurdità della guerra? Si annulla l’Io nella sofferenza del mondo? Sono queste le domande di fondo che emergono quali interrogativi improcrastinabili dalla raccolta del poeta ed americanista croato Mario Susko, professore alla State University of New York, Nassau e traduttore di molti scrittori statunitensi, da Walt Whitman a Saul Bellow.

La celebre dizione nietzscheana — «Colui che ha un ‘perché’ per vivere, riesce a sopportare quasi qualunque come» — potrebbe bene fare da epigrafe alla raccolta.

Si tratta in effetti di una poesia dalle complesse ed alte risonanze metafisiche, sorretta da una ricchezza linguistica capace di scandagliare le più riposte pieghe della realtà come dell’animo umano: la sostanza filosofica ed umanistica di cui si nutre le conferisce quelle risonanze universali che possono avvincere anche il lettore non specializzato.

Le parole sembrano acquistare una straordinaria forza espressiva e figurativa, quasi fisicamente incidere, traendo vita dal loro incessante movimento che attinge alla verità stessa della vita; anzi: a quella sorta di eccedenza della realtà che, winnicottianamente, la poesia possiede. Formazioni quali i miti, i simboli o l’arte esprimono infatti un ‘senso di realtà’ che è in essenza diverso dalla categorie consuete di realtà, né riconducibile alla tradizionale, riduttiva alternativa ‘reale / fantastico’: Winnicott ha opportunamente parlato, a questo proposito, di una «terza area», potenziale, «transizionale»1. Come scrive Cacciavillani, «[…] proprio da Baudelaire a Proust il poeta è ad un tempo “déchiffreur” e creatore di mondo nuovo, attraverso la metafora ontologica: X è Y, — scavalcamento dei codici e fondazione di universi paralleli. D’altra parte, come aveva detto Jaspers (e come dirà anche Kerényi) (K. Kerényi, Nel labirinto, Boringhieri, 1983, le pagine iniziali), lo svelamento del segreto non è dissipazione dell’enigma: “Il segreto è il prodotto derisorio del lavoro di distorsione; l’enigma è ciò che è reso evidente dall’interpretazione” (P. Ricoeur, Ermeneutica e psicoanalisi, in Il conflitto delle interpretazioni [1969], Jaca Book, 1977, p. 206).»2

Poesie senza titoli, quasi senza punteggiatura, prendono forma tra parole in coppia, in ossimoro, in uno scavo della lingua e nella lingua che annulla l’Io in una sorta di musicale, ma shoenberghianamente dissonante ‘perdendosi’: Mothers, Shoes and Other Mortal Songs si incammina nel linguaggio alla ricerca di cifre che possano ridescrivere la vita, interrogandosi sul senso della violenza della guerra e del mondo. Risentita obscuritas mallarmeana e cupa, tempestosa espressività shakespeariana sono le tonalità e i timbri dodecafonici di questa poesia dal fascino misterioso, che persuasivamente avvera un discrimine a posteriori della modernità su tutta l’arte del passato: dalla raffigurazione oggettiva alla trasfigurazione soggettiva di sé e del mondo, e del ‘rapporto Sé / mondo’3.

È ancóra Nietzsche che scrive, nell’Anticristo: «un filosofo onesto […] immerge il coltello del vivisezionista nelle virtù del suo tempo e gli è estranea la distinzione morale tra menzogne semplici e menzogne sante, visto che egli distingue soltanto tra verità e menzogna, lottando per la verità. Se non succede che ciò sia “attuale”, allora tanto peggio per l’”attualità”.»4 Di fronte al Nulla heideggeriano sul quale si staglia la vita nel suo Dasein, sembra dirci il poeta, è necessario prima far tabula rasa delle esorcizzazioni illusorie di cui si fa vilmente bella la ‘civiltà dell’immagine’, a cominciare da quella della morte per finire con quella del tempo. È qui tutto il senso più ‘alto’ del Nichilismo: non distruttivo, ma coraggiosamente ricostruttivo; tanto più se il fallimento dell’ ‘imperativo di verità’ socratico è – come è – un fatto ineluttabile della modernità.

La parola si frantuma: ma nella frantumazione di sé, i piani del tempo si incrociano e si confondono; del futuro si parla al passato, e il presente irrompe tragicamente schizzando come una granata. Il linguaggio delle emozioni, suggerisce il poeta, nasce dalla perdita della materialità degli oggetti e accede alla metafisica dell’esistente, cancellando la separazione tra reale e irreale, nel puro dominio della finzione e dell’assurdo.

Susko, nella necessità assoluta della scrittura, ci parla da poeta della salvezza del mondo, abitando enigmaticamente – e tragicamente – la distanza fra la vita e la morte, fra l’indicibile e il silenzio.

Prefazione di Roberto Pasanisi

________________________

Note

1. D.W. Winnicott, Gioco e realtà [1971], tr. it., Roma, Armando, 1979, capp. IV-VIII.

2. Cfr. Roberto Pasanisi, Le «muse bendate»: la poesia del Novecento contro la modernità, Pisa – Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, 2000 (Prefazione di Constantin Frosin; Postfazione di Carmine Di Biase): specialmente il cap. V, La forma della bellezza: la genesi della poesia di Mallarmé come specimen della lirica moderna.

3. Giovanni Cacciavillani, I segni dell’incanto. Prospettiva psicoanalitica sui linguaggi creativi, Bologna, Il Mulino, 1989, p. 55.

4. Johan Goudsblom, Nichilismo e cultura [1960], tr. it., Bologna, Il Mulino, 1982.

5. Cfr. ibidem.

L’autore

Mario Susko, poeta ed americanista, è nato Sarajevo, nella Bosnia ed Erzegovina, nel 1941. Ha insegnato prima all’Università di Sarajevo (dal ‘91 come professore ordinario), che ha lasciato nel ‘93 dopo dodici mesi di guerra, quindi al Nassau Community College a Garden City (New York), dove tuttora lavora come Assistant Professor di American Literature, Theory of grammar ed English Composition.

È stato Visiting Fellow all’University of East Anglia, a Norwich (Gran Bretagna), Visiting Professor all’Institut für Amerikanistik, a Graz (Austria), e Adjunct Professor alla New York University. È Redattore di “Nuove Lettere” e componente del Comitato scientifico dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli. Ha pubblicato 58 libri, sedici dei quali di poesia, ed ha curato e tradotto numerose antologie. Suoi versi sono usciti in molte riviste: “Borderlands: Texas Poetry Review”, “Kiosk”, “Seneca Review”, “Parnassus”, “Nassau Review”, “Potato Eyes” fra le altre.
Vanno parimenti segnalate le traduzioni in Croato di scrittori americani: Emily Dickinson, Walt Whitman, E.E.Cummings e Saul Bellow.

Mothers, Shoes and Other Mortal Songs, Stamford (U.S.A.), Yuganta Press, 1995, ha vinto nel ‘98 il Premio Internazionale di Poesia e Letteratura “Nuove Lettere”.
Alcune annotazioni critiche

Leggendo le sue poesie si comprende un paradosso poetico: si arriva alla realtà attraverso il concreto, o, viceversa, si arriva alla vita attraverso le ‘immagini’.

Kasim Prohic su Gravitations, 41

Abbiamo a che fare qui con la contesa tra il ricordo e l’oblio, che è anche la lotta tra la vita e la morte, idest la lotta per la vita dove la morte è l’atto della percezione finale.

Josip Osti su Physika Meta

Il tratto costante della sua poesia è l’interesse per il fenomeno della parola poetica in quanto tale…, ciò che la parola poetica può e non può fare, quali energie verbali una poesia possa attualizzare.

Hrvoje Pejakovic su A Handbook of Poetry

Abbiamo innanzittutto un autore veramente sofisticato e una coscienza epocale.

Tonko Maroevic su A Handbook of Poetry

Mario Susko è un narratore nuovo, che rinarra di vecchissimi racconti sulla brutalità e la spietatezza umana con immediata onestà.

C’è nel modesto catalogo di ciò che è in possesso di queste poesie una specie di finalità epica – questo è come se noi fossimo in presenza di domande arcaiche… È un lavoro di delicatezza e brutalità, di precisione e logica, e, allo stesso tempo, di illogico e assurdo. È un’elegia, un requiem; e inoltre è sempre sulla vita, il vissuto e le cose dell’esistenza.

Robert Karmon su Mother, Shoes and Other Mortal Songs

Attraverso l’artificio e le gerarchie, la voce della poesia di Mario Susko assume, se non la più vecchia, l’ultima finale prerogativa: un’esistenza umana che parla prima dell’indeterminato e indifferenziato universo. Il suo sguardo è chiaro, il suo cuore appassionato, mentre la sua considerevole intelligenza afferra con usuale inconfutabile furia ciò che caratterizza questo secolo.

Hugh Seidman su Mother, Shoes and Other Mortal Songs

La Guerra in Bosnia è già stata ricostruita, mentre avveniva, attraverso la stampa, dai «racconti di testimonianze» di giornalisti e da lucidi diarî di bambini e da trattati politici di leader delle parti contrastanti. Il libro di Susko non è nessuno di questi. Invece, esso registra le stazioni del diario di un poeta attraverso un panorama reso piccolo dall’assedio, grande dalle implicazioni internazionali, e profondo dalla forza della memoria …[vive dentro] una «storica frattura» e ci invita a usarlo con attenzione e cautela per leggere il nostro passato in «un altro, nuovo modo». Dovremmo accettare l’invito.

Barry Fruchter su Mother, Shoes and Other Mortal Songs

Questa specie di poesia appassionatamente desidera un ascolto di interpreti impegnati, insomma di sensibili ‘dissepellitori’ di canzoni morte, che racchiude quelli che dovrebbero essere coraggiosi abbastanza da considerare la poetica come un atto rivoluzionario in difesa della civiltà socio-culturale.

K. Okoampa- Ahoofe su Mother, Shoes and Other Mortal Songs

L’emozione del libro è nella sua allusione a un documento e, anche, al suo costante allontanamento dalla mera parola. La combinazione degli ingredienti è unica, l’effetto dell’intero, indubitabile.

Tonko Maroevic su Mother, Shoes and Other Mortal Songs

È quasi doloroso leggere questo libro dove una carica politica sprizza fuori dal clamore con realtà dure; ma se accettiamo l’ossessione di Susko con una sfida poetica alla nostra esperienza di poetica saremo grandemente arricchiti.

Zvonimir Mrkonjic su Mother, Shoes and Other Mortal Songs

Nel secondo libro in Inglese di poesie di Susko – una vertiginosa, esilarante, irritante riflessione sulla guerra, la sopravvivenza, la storia e se stesso –, l’atto della poesia gira intorno a un’ossessione dentro la realtà e la storia nel sogno… Egli ha portato la sua personale e pubblica sofferenza e il terrore proprio a quel limite dove non possiamo quasi più sostenerli o sviarli: i suoi versi sono qualcosa di bello e terrificante allo stesso tempo.

Robert Karmon su Versus Exsul

C’è un costante e incalzante potere in Versus Exuls. Siamo lentamente trascinati attraverso un universo di dolore tanto vivo quanto in Rilke, per il fatto di essere fermamente qui sulla terra, nel presente, nel senso della gente come noi, «come se i piccioni potessero essere spie terrestri di aquile reali.» Dopo tutto è l’esperienza di credere, incessante come una funzione corporea, che collega Versus Exuls in tutte le sue disparate parti, le sue patrie lontane e vicine, i gradi della memoria, pensanti come il respirare.

Barry Fruchter su Versus Exsul

Proprietà letteraria ed artistica riservata
I diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi

I edizione: dicembre 2001

Edizione originale in Inglese: Mothers, Shoes and Other Mortal Songs, Stamford (U.S.A.), Yuganta Press, 1995

Proprietà letteraria ed artistica riservata
I diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi

Questo volume è stato stampato con il contributo della Regione Campania (Assessorato Pubblica Istruzione, Cultura, Ricerca Scientifica)

Visite totali ad oggi

Istituto di Cultura di Napoli via Bernardo Cavallino, 89 (“la Cittadella”) 80131 - Napoli tel. +39 081 5461662 fax +39 081 2203022 tel. mobile +39 339 2858243 posta elettronica: ici@istitalianodicultura.org

Realizzato da ADS NETWORK